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Generale
10 Giugno 2016

Chiedere: imparare a farlo per ottenere di più.

Luca Girolimetto bisogni, chiedere, responsabilità 1 Comment
chiedere

«Beh Luca, me l’hai detto tu di chiedere. Vediamo…mmmmh…dammi 100 euro!»

La pretesa

Benarrivato viandante: il tuo entusiasmo mi dà molta energia! Vorrei però farti notare che, formulato così, il chiedere diventa pretendere. Quanto saresti disposto a dare se si rivolgessero a te con una delle seguenti modalità?

Dammi…!
Devi darmi…!
Ti ho detto di darmi…!

Non sono in grado di leggere nel pensiero ma credo di non mancare di molto il bersaglio se ipotizzo che ti sentiresti per lo meno infastidito! La pretesa è un modo di agire aggressivo e l’aggressività scatena sempre reazioni di difesa.

Il senso di colpa

«Hai ragione Luca. Ti prego di prestarmi 100 euro. Se non me li presti allora finirò proprio in un brutto guaio.»

Mi incoraggia molto la tua disponibilità nel cambiare modalità, ma anche così la violenza è ancora presente, seppur in forma mascherata. Infatti, riscritta in maniera esplicita, la nuova richiesta suonerebbe più o meno così:

«Se TU non mi presti 100 euro, finirò in un brutto guaio per colpa TUA.»

In quasi tutte le frasi che contengono la costruzione se…allora, sotto sotto si nasconde la violenza che scaturisce dal tentativo di instillare il senso di colpa nel nostro interlocutore , affinché quest’ultimo acconsenta a soddisfare la nostra richiesta. Inoltre, così facendo, evitiamo di prenderci la responsabilità delle nostre azioni. Supponi infatti che la richiesta venga respinta e che si finisca davvero in un brutto guaio. In questo caso, è molto probabile che ci giustificheremo con noi stessi e con gli altri esprimendoci con una modalità simile alla seguente:

«Non è colpa mia! Se mi avesse prestato quei soldi (allora) tutto questo non sarebbe successo.»

In breve, si finirebbe con l’ utilizzare nuovamente la costruzione se…allora per evitare di riconoscere che si è finiti in una situazione scomoda per scelte, forse non del tutto oculate, fatte in precedenza. Questa modalità di richiesta è spesso presente in tutti quei casi dove facciamo dipendere la nostra felicità dalle azioni di un’altra persona.

Se farai quella cosa allora ne soffrirò moltissimo. (Richiesta: non fare quella cosa altrimenti…)

Se non fai il bravo la mamma (o il papà) si arrabbia. (Richiesta: fai il bravo altrimenti…)

Se ti comporti così allora mi deludi. (Richiesta: non comportarti così altrimenti…)

Come hai potuto leggere, tutti questi esempi di richiesta comportano una velata minaccia nei confronti dell’altro.

«Certo Luca che chiedere qualcosa a te è proprio difficile, però devo ammettere che mi hai convinto. Senti, mi potresti prestare quei 100 euro? È un momento davvero difficile e sarebbero molto importanti per me.»

Accettare il no

Sono davvero in difficoltà a dirti di no, ma scelgo di non accogliere la tua richiesta perché quei 100 euro mi servono per pagare la rata del mutuo.

«E vabbè ma allora dillo subito che non me li vuoi proprio dare. Bell’amico che sei!»

Accidenti, c’eri quasi riuscito! La richiesta era ben formulata ma ti sei fatto cogliere impreparato dall’aspettativa che la tua richiesta fosse esaudita. Chiedere aspettandoci che la nostra domanda venga accolta è una sorta di pretesa e, come visto all’inizio dell’articolo, la pretesa ha la seria controindicazione di diminuire le nostre possibilità di riuscire a ricevere. Un simpatico trucchetto per individuare la pretesa nascosta dietro una richiesta, è quello di ricordarsi che:

Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

Quando ti capiterà di chiedere qualche cosa, presta attenzione alla seconda parte di questo breve ma saggio proverbio. Se ti procura un certo fastidio o ti sorge l’impulso di sorvolarla, fermati un attimo e fai un paio di respiri profondi: è possibile che tu stia per chiedere avanzando nel contempo anche una pretesa.

Chiedere separando il bisogno dalla strategia

«L’ho sempre detto: si fa prima a non chiedere!»

Sono dispiaciuto che tu sia arrivato a questa conclusione. Chiedere è fondamentale: ricordati che gli altri non hanno la capacità di leggerci nel pensiero e raramente riescono a capire quello di cui abbiamo bisogno prima che noi glielo chiediamo. Spesso inoltre, prima di arrivare a formulare chiaramente la nostra richiesta, è possibile che neanche noi sappiamo quali siano i nostri bisogni, allontanando ancora di più la possibilità che questi vengano soddisfatti.

L’inghippo negli esempi precedenti sta nel fatto che le richieste di soddisfare il bisogno sono state mescolate ad una strategia per ottenere quella soddisfazione. Nel primo caso era la strategia del comando, nel secondo caso quella del senso di colpa, o più in generale una sorta di minaccia, mentre nell’ultimo c’era la negazione della possibilità di insuccesso (figurati se mi dice di no!). Oltre alle controindicazioni che abbiamo analizzato assieme, legare l’espressione di un bisogno alla strategia per ottenerlo ha un’ulteriore inconveniente: se la strategia fallisce, è possibile che finiamo col credere che il nostro bisogno non potrà mai essere soddisfatto, cadendo nella frustrazione e, di conseguenza, probabilmente anche nella rabbia.

Quando leghiamo un bisogno ad una strategia, alla base della sua formulazione spesso si annida una costruzione del genere:

Il mio bisogno X può essere soddisfatto solo da Y (nel caso peggiore sarà presente anche la postilla: e Y può soddisfarlo solo facendo Z!),

Qualora succedesse, potremmo scomporre la precedente formulazione in più parti per ottenere un risultato simile al seguente:

Ho bisogno di X.

Come potrei soddisfare X?

Potrei chiedere ad A, oppure andare da B, eventualmente sentire C…

Quando avremo reso il bisogno indipendente dalle varie strategie per soddisfarlo, ci recheremo da A con il cuore molto più leggero. Probabilmente non avanzeremo alcuna pretesa, forti del fatto che ci sono B, C e forse anche D. La probabilità che A sia più disposto a darci un qualche tipo di aiuto, dunque, aumenterà di conseguenza. Inoltre, nel caso in cui A non fosse in grado di aiutarci personalmente, si sentirebbe libero di rifiutare la nostra richiesta senza per questo rischiare di essere accusato o giudicato. Infine, sentendosi rispettato nella propria scelta, potrebbe entrare in empatia con il nostro bisogno a tal punto da decidere di fare una telefonata per metterci in contatto con qualcuno che ritiene possa fare al caso nostro!

È arrivato il momento di salutarci e, prima di farlo, colgo l’occasione per esprimerti il mio bisogno di farmi conoscere attraverso questo blog. Qualora ti fosse piaciuto, saresti disposto a condividere questo articolo?

Buon viaggio, caro viandante.



L’immagine di copertina è basata sulla foto di Sebastiaan ter Burg che puoi trovare qui.

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About Author

Luca Girolimetto

Pratico il Massaggio Sonoro, la Dermoriflessologia, e lo Yoga della Risata. Adoro l’inconscio, che esploro con Sogni, I’Ching e Tarocchi. Studio Psicosintesi.

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